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martedì 23 luglio 2013

Divisa tra due mondi.

Sono ormai passati più di tre anni da quando ho deciso di dedicarmi allo yoga ed alla meditazione. E seppur con alcuni cali fisiologici monentanei, vado ormai avanti con una certa costanza.

Faccio Yoga perché disciplina del fare, che con le sua asana ed i suoi mantra, più facilmente si confà a noi occidentali, la cui vita è basata sull’azione sia fisica che mentale. Anche nella meditazione infatti, lo Yoga Kundalini fornisce di solito vari punti di ancoraggio, come vibrare un mantra o tenere una postura, a volte anche in movimento. Questo aiuta chi non riesce a stare fermo a buttarsi in questa grande avventura che parte dalla scoperta di noi stessi e ci aiuta a trovare nuovi strumenti ed approcci per affrontare la quotidianità.
 
Pratico poi Vipassana, meditazione di tradizione buddhista Theravada principalmente. L'ho fatta per due anni in parallelo allo Yoga quasi (non ci prendiamo in giro, non sono una perfetta praticante) quotidinamente. Durante il periodo in cui mi sono formata come insegnante di Yoga Kundalini l'ho interrotta perché volevo fare un'esperienza più pulita possibile di quel mondo per caprine potenzialità e differenze.
 
Ne sono uscita con la convinzione che a livello fisico lo Yoga Kundalini sia molto benefico e che a livello mentale offra meditazioni "semplificate" (concetto non valido per tutti), ma non per questo meno efficaci (per precisione devo dire che anche le asana secondo me lavorano in questo senso). Per offrire una metafora immaginiamoci come pietre informi. Con lo Yoga si inizia a buttare via l'eccesso di materiale a dare una prima bozza. Mi piace pensare che poi pian piano si abandonano mantra e mudra e si arriva a definire una vera a propria statua con la meditazione di Visione Profonda (Vipassana appunto). Resta comunque il fatto che in entrambe si lavora per acuire la nostra consapevolezza.
 
Anche il sistema di filosofie e credenze che sottostanno alle due pratiche sono molto diverse. Alcuni  punti sono addirittura divergenti. Nello Yoga si cerca il ricongiungimento con l'Atman, la fusione della nostra anima con il Tutto. Al contrario la Vipassana porta, tra le altre cose, alla comprensione della Vacuità (Anatta in Pali), o non-sè.
 
Credo che sia un po' come dire che il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno. Con la differenza sostanziale che c'è chi ama credere che ci sia qualcosa di superiore, che esistano delle energie, come pure la stessa anima. Questo è quanto postulato dallo Yoga. Possiamo credere di farne esperienza talvolta nella vita, ma non potremo mai averne la certezza definitiva.

Il Buddhismo invece, andando alla radice degli insegnamenti del Buddha, rappresenta meglio (sempre a mio parere ovviamente) chi decide di non porsi queste domande proprio perché conducono ad un'indagine che non può avere risposte certe. Si coltiva la presenza mentale nel qui-ed-ora per affrontare le contingenze con compassione verso il prossimo, lucidità e serenità. Quella serenità che deriva dal non essere trascinati dagli eventi della vita, che non vuole dire esserne anestetizzati, tutt'altro vuol dire saper abbracciare e comprendere la realtà nella sua totalità.  
 
A tratti per mia indole mi sento più appartenente alla seconda fazione, ma non per questo voglio denigrare lo Yoga, che continuerò ad insegnare e praticare con grande passione. Dello Yoga amo l'energia che ti da e quella sensazione che il tuo sistema-corpo si integri sempre più con il sistema-mente. 
 
Dell'approccio buddhista amo invece la semplicità dei suoi insegnamenti. Spogliati della pretesa di voler spiegare come le energie sottili lavorino ed incidano in maniera così potente nella nostra vita, ci offre uno strumento laico e valido per tutti. Come pure mi piace l'ispirazione etica e morale che fornisce come guida nell'azione. L'uomo l'ha fatto divenire una religione con i suoi riti e le sue tradizioni  alla quale non sento però di appartenere.